Ghiacciaio di Mazia 2016
Foto Giovanni Greco e Paolo Tosi
Gran Pilastro 2015
Foto Ivan Bertinotti
Vedretta di Grames 2017
Foto Pietro Bruschi
Ghiacciaio di Malavalle 2016
Foto aerea Franco Secchieri
Maggio 2024
L’annata
2022
-
2023
ha
segnato
un
momento
importante,
quanto
negativo
nell’attuale
evoluzione
del
glacialismo sia generale che per l’Alto Adige in particolare.
Al
termine
dell’estate
2023
il
bilancio
glaciologico
per
l’intera
Provincia
autonoma
di
Bolzano
è
risultato
nettamente
negativo
come
risulta
dalle
testimonianze
sia
quantitative
che
qualitative
raccolte
dagli operatori del Servizio Glaciologico del CAI Alto Adige.
I
dati
raccolti
infatti
hanno
confermato
un
andamento
ancora
più
negativo
di
quello
degli
anni
passati,
in
particolare
per
la
riduzione
generalizzata
delle
masse
glaciali,
specie
nello
spessore,
per
l’evidente
ritiro
e
frantumazione
delle
fronti
con
distacco
di
placche
destinate
ad
estinguersi,
l’aumento
di
zone
crepacciate
e
la
presenza
di
frane
e
conseguente
materiale
detritico,
la
comparsa
di
nuove
finestre
rocciose,
un
maggior
numero
di
laghi
proglaciali
ad
alta
quota
e
conseguente
deflusso
di
torrenti
glaciali.
Proprio
a
causa
dell’instaurarsi
di
tali
situazioni
l’accesso
alle
fronti
glaciali
da
parte
degli
operatori
è
risultato
sempre
più
complicato
ed
in
alcuni
casi
notevolmente
pericoloso
tanto
da
dover
modificare i percorsi.
Mediamente
il
ritiro
delle
fronti
registrato
dagli
operatori
è
risultato
fra
i
10
e
30
metri,
a
parte
alcuni
valori
veramente
notevoli
come
l’arretramento
di
ben
–
325
metri
riscontrato
per
la
fronte
del
Ghiacciaio
di
Vallelunga
(operatore
A.
Scaltriti),
che
tuttavia
ha
subito
un
importante
crollo
del
ghiaccio in area frontale avvenuto nel 2018.
Da evidenziare anche i – 137,4 metri (dal 2021) del Ghiacciaio della Grava (S. e G. Benetton).
In
generale
le
modifiche
spesso
sostanziali
delle
masse
gelate
sono
state
ben
evidenziate
dall’ampia
documentazione fotografica fornita dagli operatori.
Riguardo
alla
fotografie
dei
ghiacciai,
anche
quest’anno,
al
termine
della
stagione
estiva,
sono
stati
eseguiti
due
voli
di
ricognizione
sull’intero
territorio
per
raccogliere
immagini
veramente
importanti
che
hanno
mostrato
l’assenza
quasi
totale
del
manto
nevoso
invernale
fino
alle
quote
più
elevate.
Questo
ha
significato
che
le
superfici
glaciali
si
sono
venute
a
trovare
al
di
sotto
della
L.I.A.
(linea
di
equilibrio), una prova qualitativa evidente del bilancio glaciologico negativo dell’intera regione.
Le
fotografie
aeree
(di
tipo
prospettico)
sono
servite
anche
per
porre
in
evidenza
un’altra
importante
modifica
conseguente
alla
riduzione
delle
masse
gelate
provocata
dall’attuale
fase
climatica.
Si
tratta
dell’aspetto
paesaggistico
che
ha
mostrato
in
questo
contesto
tutta
la
sua
importanza
per
tutte
le
conseguenze che ne derivano, non solo estetiche.
Proprio
sull’importanza
di
questo
aspetto
il
S.G.A.A.
ha
fornito
un
proprio
specifico
contributo
con
una
relazione
presentata
al
congresso
del
Comitato
Glaciologico
Italiano,
tenutosi
a
Trento
il
16
Dicembre
2023.
Riguardo
all’andamento
meteorologico
della
successiva
annata,
la
primavera
2024
(in
particolare
il
mese
di
Maggio)
si
è
presentata
notevolmente
nevosa
con
significativi
accumuli
alle
alte
quote
con
valori
compresi
tra
il
30
e
40
%
al
di
sopra
delle
medie,
in
particolare
su
alcuni
ghiacciai
della
Val
Martello , ripetendo una situazione simile a quella dell’annata 2013/2014.
Poiché
però
si
parla
di
bilancio
glaciologico,
com’è
noto
il
calcolo
definitivo
lo
si
potrà
avere
solo
alla
fine
dell’estate
2024,
quando
al
termine
della
stagione
di
ablazione
si
verificherà
quanto
accumulo
di
neve
è
rimasto
sui
bacini
più
elevati
e
quindi
quale
percentuale
dell’area
glaciale
sarà
venuta
a
trovarsi al di sopra della linea di equilibrio.
Il riferimento è ai dati forniti dall’Ufficio Idrologia e Dighe della Provincia Autonoma di Bolzano.
Pietro Bruschi, Presidente
Franco Secchieri, Coordinatore Scientifico
Aprile 2022
In
questo
periodo,
come
mai
prima,
sta
enormemente
crescendo
l’attenzione,
soprattutto
mediatica,
verso
i
ghiacciai
anche
e
soprattutto
per
la
testimonianza
che
essi
danno
e
che
hanno
dato
riguardo
alle variazioni del clima.
Infatti
potremo
considerare
i
ghiacciai
come
preziosi
strumenti
naturali
che
con
le
loro
dinamiche
e
con
le
tracce
da
essi
lasciate
sul
terreno
sono
in
grado
di
fornirci
preziose
indicazioni
sulla
storia
climatica del nostro pianeta sia passata che recente.
Com’è
noto
la
“vita”
di
un
ghiacciaio,
e
in
generale
quella
di
tutti
gli
elementi
che
compongono
la
criosfera,
è
strettamente
legata
al
clima
ed
alle
sue
variazioni,
dalle
ere
glaciali
fino
alle
fasi
minori
di
epoca
storica
o
addirittura
a
quelle
recenti.
Grazie
alle
forme
soprattutto
moreniche
che
i
ghiacciai
ci
hanno
lasciato
possiamo
ricostruire
l’evoluzione
del
clima
a
partire,
ad
esempio,
dalla
fine
dell’ultima
glaciazione
circa
12.000
anni
fa
quando
grandi
lingue
gelate
riempivano
le
valli
alpine
arrivando
fino
a
sfociale sulla pianura.
Venendo
a
tempi
ben
più
recenti,
osservando
alcune
tipiche
forme
moreniche
possiamo
riconoscere
l’ultima
importante
piccola
fase
glaciale,
nota
col
nome
di
L.I.A.
(dall’inglese
Little
Ice
Age)
verificatasi
tra
il
XV
e
XVIII
secolo.
Riguardo
agli
eventi
climatici
successivi
è
possibile
osservare
davanti
alle
attuali
fronti
dei
maggiori
ghiacciai
di
alcune
minori
tracce
del
più
breve
e
modesto
raffreddamento
avvenuto
sulle
nostre
montagne
tra
i
1960
ed
il
1985
circa.
Si
tratta
in
genere
di
piccole
morene
di
neoformazione rintracciabili nelle aree proglaciali, a monte delle morene della LIA (v. foto).
Oggi
stiamo
assistendo
ad
una
anomala
accelerazione
nel
processo
di
riduzione
dei
ghiacciai
tra
le
cui
cause
vi
è
certamente
la
minore
quantità
di
precipitazioni
nevose
e
soprattutto
l’aumento
delle
temperature,
specialmente
quelle
estive
ad
incrementare
le
quali
contribuisce
anche
la
riduzione
nel
tempo
e
nello
spazio
del
manto
nevoso
al
suolo.
Diminuisce
infatti
l’albedo
e
di
conseguenza
aumenta
il calore immagazzinato dalla superficie delle terre e rocce.
Il
danno
peggiore
verso
cui
stiamo
andando
incontro
riguarda
la
crisi
idrica
dovuta
alla
scarsità
dell’acqua
immagazzinata
in
forma
solida
(neve,
nevato,
ghiaccio
e
permafrost)
della
quale
soffrono
i
fiumi della pianura padana con portate eccezionalmente scarse.
Da
anni
gli
operatori
glaciologici
del
CAI
Alto
Adige,
così
come
i
loro
colleghi
del
Comitato
Glaciologico
Italiano
e
degli
altri
Gruppi
sia
Trentini
che
Lombardi,
seguono
e
documentano
lo
stato
dei
ghiacciai
alla
fine
delle
stagioni
estive,
misurando
le
variazioni
frontali
ed
osservando
altri
importanti
parametri
glaciologici
come
il
limite
delle
nevi
al
fine
di
avere
una
esatta
conoscenza
di
quanto
sta
succedendo
sulle fasce altimetriche più elevate.
Oggi
le
nuove
tecnologie
come
i
droni
o
le
immagini
satellitari
danno
senza
dubbio
un
contributo
significativo
ai
monitoraggi
sia
per
la
quantità
che
la
qualità
dei
dati
che
si
rendono
disponibili.
Tuttavia
l’avvicinamento
–
spesso
difficoltoso
–
ed
il
contatto
diretto
col
ghiacciaio
rimane
una
pratica
utile
e
soprattutto
bella
perché
possiede
ancora
il
sapore
dell’avventura
che
appassiona
i
nostri
operatori.
Il
2022
è
un
anno
importante
per
il
Servizio
Glaciologico
altoatesino
perché
celebra
il
suo
30°
anniversario
dalla
nascita,
evento
che
sarà
opportunamente
celebrato
con
un
convegno
che
si
svolgerà a Bolzano nel mese di Ottobre 2022.
I ghiacciai si stanno ritirando velocemente
I
ghiacciai
sono
elementi
fondamentali
dell'ambiente
dell'alta
montagna.
Con
la
loro
presenza
caratterizzano
l'aspetto
del
paesaggio
e
lo
rendono
più
selvaggio
ed
attraente.
Purtroppo
l'attuale
fase
climatica,
negativa
per
il
glacialismo,
sta
modificando
profondamente
i
ghiacciai
che
vanno
riducendosi
sensibilmente
di
forma
e
di
spessore.
Dopo
una
fase
di
modesta
avanzata
verificatasi
tra
gli
anni
'60
e
'80,
tutti
i
ghiacciai
hanno
cominciato
ad
arretrare
a
causa
delle
sempre
minori
precipitazioni
e
della
loro
diversa
distribuzione
nell'arco
della
annata
idrologica
e
per
le
maggiori
temperature
soprattutto
estive.
Nella
storia
meteorologica
degli
ultimi
anni
si
può
ricordare
lo
straordinario andamento termico dell'estate del 2003 e la scarsità di neve dell'inverno 2006 - 2007.
Basterà la neve caduta questo inverno per recuperare il deficit di massa dei ghiacciai ?
In
molti
si
sono
chiesti
se
le
abbondanti
nevicate
di
questo
inverno
2017
–
2018
possono
rimediare
alla
grave
situazione
in
cui
si
sono
venuti
a
trovare
i
ghiacciai
alpini
negli
ultimi
anni,
con
sensibili
riduzioni di area e di volume.
Si
tratta
certo
di
domanda
quanto
mai
pertinente,
anche
se
emotivamente
legata
alla
drammatizzazione
mediatica
sui
temi
climatici
che
sta
sempre
più
condizionando
l’opinione
pubblica.
Certamente
la
situazione
in
cui
si
trovano
oggi
le
masse
gelate
delle
nostre
montagne,
a
cominciare
da
quelle
dell’Alto
Adige,
è
gravemente
compromessa,
dopo
annate
con
accentuata
siccità
invernale
e
temperature
estive
elevate.
Due
fattori,
questi,
che
hanno
portato
ad
un
deficit
che
non
ha
interessato
solo
le
masse
gelate,
ma
che
si
è
ripercosso
anche
sulla
stessa
risorsa
idrica.
Ricorderemo
certamente
le
condizioni
in
cui
si
sono
venuti
a
trovare
i
corsi
d’acqua,
non
solo
i
minori
ma
anche
i
fiumi
come
ad
esempio
l’Adige
che
non
aveva
mai
mostrato
una
magra
tale
da
farlo
sembrare
per
certi
tratti
di
pianura addirittura in secca.
Tornando
alla
domanda
iniziale,
si
può
affermare
che,
per
quanto
si
sia
trattato
di
un
inverno
nevoso,
da
solo
non
può
bastare
a
sopperire
al
deficit
idrologico
e
glaciologico
perché
qualche
metro
di
neve
in
più
non
può
considerarsi
risolutivo
del
problema.
Va
sottolineato
anche
che
la
nevosità
di
questo
inverno
non
rappresenta
una
anomalia
dato
che
l’andamento
meteo
climatico
non
ha
nulla
di
eccezionale.
Per
quanto
riguarda
i
ghiacciai,
è
ancora
troppo
presto
per
parlare
di
bilanci
dato
che
i
conti,
o
meglio
il bilancio glaciologico o di massa, si fanno alla fine dell’estate.
Per
le
valutazioni
del
“bilancio
annuale”,
riferito
all’annata
meteorologica
che,
per
l’alta
montagna
in
generale,
si
comincia
con
il
mese
di
Ottobre,
quando
inizia
a
depositarsi
il
manto
nevoso,
per
finire
in
Settembre
dell’anno
(solare)
successivo,
quando
si
può
considerare
esaurita
l’ablazione
estiva
(cioè
lo
scioglimento della neve e del ghiaccio).
E’
proprio
sulla
base
di
questa
periodicità
che
si
possono
determinare
le
dinamiche
glaciologiche.
Infatti
in
luoghi
particolari
dell’alta
montagna,
con
caratteristiche
morfologiche
e
di
esposizione
idonee,
alla
fine
dell’estate
può
rimanere
una
certa
quantità
di
neve
residua
e,
se
questo
fatto
perdura
negli
anni,
è
evidente
come
vi
sia
un
progressivo
incremento
del
cumulo
di
neve
la
quale,
col
passare
del
tempo,
si
trasforma
via
via
in
nevato
e
poi
finalmente
in
ghiaccio
di
ghiacciaio.
Questa
metamorfosi
fa
si
che
aumenti
moltissimo
la
densità
passando
da
circa
30
chilogrammi
per
metro
cubo (neve fresca), a oltre 900 chilogrammi per m3 (ghiaccio di ghiacciaio).
Se
il
processo
di
accumulo
prosegue
nel
tempo,
gli
spessori
della
massa
gelata
possono
diventare
notevoli,
tanto
da
farle
assumere
un
comportamento
plastico
che
ne
determina
il
movimento
(verso
il
basso).
Si
assiste
perciò
alla
formazione
di
un
vero
e
proprio
ghiacciaio,
con
tanto
di
lingua
di
ablazione
la
quale
prende
origine
dal
bacino
di
raccolta.
Naturalmente
i
tempi
di
tale
evoluzione
sono
molto lunghi, anche di parecchi decenni per i ghiacciai di maggiori dimensioni.
Tanto
per
dare
una
sintetica
dimensione
spazio
–
temporale
del
fenomeno
glaciale,
le
grandi
glaciazioni
(5
negli
ultimi
due
milioni
di
anni)
sono
durate
decine
di
migliaia
di
anni,
e
sono
state
intervallate
da
altrettanti
periodi
caldi
di
analoga
durata.
Riguardo
a
periodi
storici
ben
più
brevi
e
recenti,
si
sono
sempre
alternati
periodi
freddi
a
periodi
caldi,
anche
di
più
di
quello
attuale.
Per
oltre
tre
secoli,
ad
esempio,
dal
1500
fino
a
circa
metà
del
1800,
ci
fu
in
Europa
un
periodo
molto
freddo
che è stato definito come Piccola Età Glaciale.
Tuttavia
l’attuale
tendenza
evolutiva
del
clima
non
depone
a
favore
dell’ottimismo,
in
senso
glaciologico.
Dagli
anni
’80
del
secolo
scorso,
infatti,
è
cominciata
una
fase
estremamente
negativa
(oggi
ancor
più
accentuata)
che
ha
ridotto
drasticamente
le
masse
gelate.
Inoltre
dai
dati
che
oggi
abbiamo
a
disposizione
non
si
hanno
indicazioni
di
inversione
di
tendenza
che,
comunque,
dovrebbe
essere
valutata
nel
lungo
periodo
(decenni).
Quello
che
oggi
si
definisce
come
riscaldamento
globale
trova conforto nell’analisi dei diversi parametri meteorologici e climatici.
Per
valutare
le
conseguenze
delle
dinamiche
meteo
climatiche
sulle
masse
gelate,
vanno
effettuate
periodiche
misurazioni
sia
riguardanti
sia
le
variazioni
frontali
che
quelle
idonee
a
quantificare
il
bilancio
di
massa.
I
controlli
avvengono
in
base
alla
scansione
stagionale.
Per
quanto
riguarda
il
bilancio
di
massa
su
ghiacciai
campione,
prima
dell’inizio
della
fusione
(ablazione)
viene
definito
l’accumulo
con
profili
di
spessore
della
neve
e
valutandone
la
densità
media.
Un
lavoro
abbastanza
faticoso,
ma
sicuramente
appassionante
e
che
oggi
risulta
facilitato
se
svolto
con
idonei
mezzi
e
adeguata tecnologia.
Ottenuto
il
valore
di
quantità
di
neve
presente
sulla
superficie
del
ghiacciaio,
lo
si
confronta
con
quello
analogamente
calcolao
alla
fine
della
stagione
estiva.
Con
una
semplice
operazione
aritmetica,
e
sulla
base
della
suddivisione
delle
aree
per
fasce
altimetriche,
si
ricava
un
valore
che
può
essere
negativo
o
positivo,
a
seconda
che
sia
di
più
la
neve,
il
nevato
ed
il
ghiaccio
persi
per
fusione,
rispetto
alla
neve
conservatasi alle quote più elevate, o viceversa.
Questo
tipo
di
indagine
può
essere
fatta
puntualmente
su
singoli
ghiacciai,
ma
può
anche
essere
valutata
dal
punto
di
vista
qualitativo
(non
quantitativo),
attraverso
campagne
di
rilevamento
fatte
sul
terreno o con foto aeree di prossimità.
Questa
è
l’attività
che
annualmente
svolgono
gli
operatori
del
Servizio
Glaciologico
del
CAI
Alto
Adige
che
misurano
principalmente
le
variazioni
frontali
e
valutano
al
momento
del
sopralluogo,
le
condizioni
di
innevamento
residuo
sulla
superficie.
Tutti
i
dati
raccolti
nel
corso
delle
campagne
glaciologiche
vengono
poi
trasferiti
in
apposite
schede
che
analizzate
nel
loro
insieme,
consentono
di
fare
una
valutazione
riguardante
l’andamento
glaciologico,
sia
per
l’intero
ambito
della
provincia
che
per
diversi
settori dalle montagne atesine.
Normalmente
ai
rilievi
terrestri
si
accompagna
un
rilievo
aereo
che
fornisce
foto
(anche
stereo
prospettiche)
idonee
a
definire
un
quadro
qualitativo
più
ampio
e
generale
della
situazione
alla
fine
della stagione estiva.
Riguardo
alla
quantità
di
ghiacciai
osservati,
nella
Campagna
del
2016,
ad
esempio,
sono
state
visitate
più
di
40
fronti
glaciali
ed
ancor
più
sono
state
fotografate
con
foto
panoramiche
aeree.
Soddisfacente
anche
la
documentazione
raccolta
nell’estate
del
2017
con
oltre
30
soggetti
visitati
e
descritti.
Ovviamente
il
numero
dei
ghiacciai
osservati
è
anche
in
dipendenza
delle
condizioni
ambientali (ad
esempio presenza del manto nevoso precoce) e della disponibilità degli operatori.
Nel corso del 2017 sono stati pubblicati due articoli inerenti il nostro operato:
Quotidiano Alto Adige
Rivista Lo Scarpone
Vedretta di Lana nel 2020
Morfologie moreniche relative alla LIA e
alla piccola avanzata del 1960/1985
Foto aerea Franco Secchieri